Giorno della Memoria: Coltivare la memoria: storia e testimonianza

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Si è svolta il 27 gennaio  in continuità con le cerimonie della mattinata, nell’Aula Magna dell’Ateneo messinese la celebrazione del Giorno della Memoria, organizzata come da una tradizione più che decennale dalla cattedra di Filosofia morale del Dipartimento di Civiltà antiche e moderne e dal Liceo Classico “La Farina”. I lavori della giornata sono stati introdotti e coordinati dalla prof. ssa Giovanna Costanzo, associato di Filosofia morale, e hanno partecipato il prof. Luigi Chiara, ordinario di Storia contemporanea e Prorettore Affari Generali dell’Università degli Studi di Messina, il prof. Fabio Ruggiano, associato di Linguistica italiana, la prof. ssa Antonella Filloramo, docente di filosofia del liceo cittadino, assieme ai tanti giovani studenti che hanno presentato le loro riflessioni e animato la mattinata con le loro poesie e un toccante intermezzo musicale. Se il gesto etico di coltivare la memoria nasce dalla urgenza di mantenere vivo il ricordo di una delle pagine più vergognose della storia del Novecento, attraverso le parole dei suoi tanti testimoni, lo storico ha il difficile compito di raccogliere i dati, mettere insieme i fatti, ordinarli per trasmettere a chi verrà dopo quanto è accaduto onde impedire l’oblio e la dimenticanza. Grazie alla memoria dolorosa di chi ha preso parte in prima persona ad una storia intrisa di odio, trovando con fatica le parole per raccontare e raccontarsi, si può e si deve riflettere su cosa sia stata la Shoah. Fra queste voci vi è quella di Liana Millu, scrittrice, partigiana e sopravvissuta: nel suo libro Il  fumo di Birkenau – uno dei primissimi memoriali di deportati ebrei nei campi di sterminio nazisti- ci ha lasciato fra le “più intense testimonianze europee sul lager femminile”, come scrive l’amico Primo Levi, quando raccontare la vita dentro i lager significava riconoscere la prossimità sempre possibile fra vittima e carnefice, o fare i conti con la presenza ossessiva dei forni crematori, “le cui ciminiere corrompevano ogni giorno con il loro fumo empio, i giorni e le notti, i sogni e le timide speranze”. Una scrittura densa, asciutta, lucida attraverso cui trattenere i fili della memoria per raccordarli alla vita, quella difficile che spetta al deportato dopo la liberazione, nella ricerca disperata di fiammelle di una umanità sepolta ad Auschwitz.  In tal senso rammemorare non è solo un restare ossessivamente rivolti al passato, ma un atto che si “compie tra vivi, volto a legare fra loro gli individui al fine di costruire una coscienza pubblica”, come scrive lo storico David Bidussa. Ricordare per rendere giustizia alle tante vittime innocenti nei confronti dei quali si contrae un debito affinché simili barbarie mai più si ripetano e per contrastare quella “stanchezza della storia”, di cui parla ultimamente Liliana Segre, quando si finisce per celebrare un passato che non rappresenta nulla per il presente e per il futuro. Di fronte a questa possibilità è sempre necessario riprendere un dialogo fra le generazioni, come con gli studenti del liceo La Farina, le cui riflessioni e i cui interventi li hanno posti non più passivi “spettatori del mondo”, ma partecipi e curiosi osservatori di una storia che va scritta ogni giorno e grazie ai quali la speranza di un “futuro migliore non sembra certamente disattesa”, come ha commentato nel saluto finale il Rettore, il Prof. Salvatore Cuzzocrea.